Veh-Ardashir

Progetto: Scavi a Veh-Ardashir
Sito: Veh-Ardashir
Direttore scientifico: Giorgio Gullini
Direttori di scavo: Mariangiola Cavallero, Maria Maddalena Negro Ponzi, Roberta Venco Ricciardi
Anni: 1964-1975

Fra il 1964 e il 1975, il CRAST operò una serie di campagne di scavo nell’area dell’antica città di Veh-Ardashir, fondata da Ardashir I (224–241 d.C.), il primo grande sovrano dei Sasanidi, di fronte a Seleucia, sulla sponda opposta del Tigri, poco distante dall’ipotetico sito di Ctesifonte, il borgo trasformatosi in città nel I sec. d.C. presso Seleucia stessa. L’area, indicata come nodale dal punto di vista archeologico, era chiamata dai conquistatori arabi al-Mada’in, ossia “le città”, in riconoscimento dell’importanza storica e topografica dal complesso di rovine fin dall’epoca islamica. La città - che occupava un’area di circa 700 ettari - era cinta da poderose mura di cui è possibile seguire l’andamento sul terreno per quasi tutto il loro percorso. Gli scavi hanno interessato solo il tratto meridionale meglio conservato e affiorante dal terreno per un’altezza massima di 4 metri. Le mura, realizzate in muratura di mattoni crudi che raggiunge i 10 m di spessore, hanno un andamento subcircolare anche se sono in realtà formate da segmenti rettilinei lunghi 30-35 m, le cui giunzioni sono nascoste dalle torri a sagoma semicircolare allungata.

Gli scavi italiani ripresero le indagini archeologiche iniziate dalla missione della Deutsche Orientgesellschaft nel 1928-29 e dalla missione congiunta della Islamische Kunstabteilung der Staatlichen Museen di Berlino e del Metropolitan Museum di New York nel 1931-32. Le ricerche interessarono una limitata estensione dell’abitato, ma il quartiere scavato nella zona sud-ovest della città a ridosso delle mura, caratterizzato da edifici con funzioni artigianali, da botteghe e da abitazioni, offre un quadro vivace della vita del centro e dati preziosi per la ricostruzione delle vicende di quest’area fondamentale per il periodo sasanide. La città ha infatti restituito una grande quantità di materiali, eccezionalmente ben datati (III-VII sec. d.C., con continuità in alcuni casi fino al XII secolo), in sequenze che costituiscono riferimenti fondamentali per tutta la regione della Mesopotamia centrale.

Gli scavi italiani

Le fasi di occupazione documentate nell’area interessata dalle ricerche a ridosso delle mura coprono un periodo di circa due secoli, dalla seconda metà del III alla seconda metà del V secolo d.C., ma al di sotto delle strutture sasanidi è stata accertata la presenza di un’ampia necropoli di periodo tardo partico. I quartieri sasanidi messi in luce presentano un’organizzazione irregolare, in cui solo le strade principali hanno andamento rettilineo e si intersecano ortogonalmente. Sulle vie maggiori – in particolare sulla larga strada est-ovest che divide il quartiere in due isolati (Area 1 a sud e Area 2 a nord) – si aprono negozi e spazi aperti presumibilmente anch’essi a carattere commerciale, mentre alle spalle si sviluppa un fitto reticolo di case e botteghe. Durante le fasi più antiche quest'area eccentrica era occupata da aree aperte con impianti di pozzi, drenaggio e fornetti, e solo successivamente fu edificata con costruzioni realizzate in mattone crudo. Soltanto alcune case rivelano i caratteri di una progettazione curata, impostata sulla presenza di un iwan secondo uno schema che riprende modelli monumentali. A nord-ovest dei quartieri indagati si colloca una fornace per ceramica e vetro attiva in periodo coevo al quartiere degli artigiani. Alla fine del V secolo l’abitato subisce cambiamenti radicali; scompaiono molte abitazioni, sostituite nuovamente da vasti spazi aperti. Dopo il VI secolo il quartiere viene abbandonato a causa delle frequenti esondazioni del fiume Tigri, ma fasi più recenti sono documentate da un’ampia fossa a est dell’area 2 riempita da materiali ceramici risalenti presumibilmente al VI-VII secolo. A partire da questo periodo l’insediamento sembra essere limitato a Tell Baruda, nell’area centrale del sito, dove sono stati portati alla luce pochi ambienti di età tardo-sasanide, presumibilmente a carattere artigianale, e livelli di occupazione di età islamica che coprono un arco cronologico tra l’VIII e il XIV secolo.

I materiali

Per l’intero periodo sasanide, i materiali associati alla stratigrafia di Veh-Ardashir documentano la sequenza insediativa meglio datata di tutto il Medio Oriente, grazie al ritrovamento di numerose monete. Essi rivestono dunque un’importanza particolare e si pongono come fondamentale catalogo di riferimento per la conoscenza e la cronologia della produzione mesopotamica del periodo. Forniscono inoltre un quadro fondamentale per la comprensione dei rapporti con il periodo partico precedente e quello successivo islamico. La ceramica mostra molte forme poco elaborate, documentando un processo di semplificazione morfologica che rappresenta una continuità o una sorta di evoluzione della produzione tradizionale partica e della vicina Seleucia. Nel contempo, si assiste tuttavia alla comparsa di forme più elaborate e originali, testimoni del gusto della nuova committenza, che continueranno ad essere prodotte fino all’età protoislamica. Forme particolari del periodo tardo sono le coppe magiche diffuse in tutta l’area centro e sud mesopotamica e le grandi giare ovoidali decorate a barbottina, che diventeranno tipiche nel successivo periodo islamico. Particolarmente significativi sono i vetri, che coprono un arco cronologico che va dalle fasi più antiche dell’insediamento (passaggio dalla produzione partica a quella sasanide) fino al IV-V sec. d.C. (attestato da produzioni iraniche, di importazione o di imitazione).