Selinunte
Sito: Selinunte
Direttore scientifico: Giorgio Gullini
Direttori di scavo: Clara Conti, Carlo Zoppi
Anni: 1970-2003
Le ricerche condotte a Selinunte dall’Università degli Studi e dal CRAST si inseriscono in un progetto di studio dell’architettura templare della città greca. Svolte d’intesa con la Soprintendenza Archeologica di Palermo prima e con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani successivamente, le attività di ricerca si sono concentrate soprattutto nell’area della collina orientale, sede di tre importanti santuari, e in particolare sui Templi F, E e sul temenos di quest’ultimo. È stata anche effettuata una ricognizione sistematica nella più vasta zona del quadrante sud-orientale del territorio selinuntino ed è stato compiuto uno studio del complesso monumentale del Tempio M sulla collina occidentale della città antica.
La storia
Selinunte venne fondata da Megara Hyblaea, città greca della Sicilia orientale, nel 651 a.C. secondo Diodoro Siculo, o nel 628 a.C. secondo Tucidide. Il sito della colonia, sulla costa sud-occidentale dell’isola, è costituito da tre alture che si affacciano sul mare e che erano anticamente separate dal corso di due fiumi, il Modione (l’antico Selino) a ovest e il Cottone a est. Sui rilievi centrali, la cosiddetta acropoli e il più vasto pianoro di Manuzza, si disposero l’abitato, gli edifici pubblici, i santuari urbani; le foci dei fiumi divennero bacini portuali; le colline occidentale e orientale accolsero vaste aree sacre. La fertilità del territorio e la favorevole posizione geografica, ai confini tra le zone occupate dalle popolazioni indigene, dai Greci e dai Punici, resero la città ricca e potente. Della vita politica di Selinunte poche notizie sono state tramandate dalle fonti storiche. Nel corso del VI secolo a.C. la città è retta da governi tirannici, ai quali probabilmente succede, nel secolo seguente, un regime di tipo oligarchico. Vicende legate all’espansione nel territorio circostante e scelte dettate dall’esigenza di salvaguardare i propri interessi commerciali scandiscono la storia più antica di Selinunte: nel corso del VI secolo a.C. essa fu coinvolta nei tentativi di fondare colonie greche all’estremità occidentale della Sicilia a danno delle città puniche; durante la guerra tra Greci di Sicilia e Cartaginesi, che si concluse con la battaglia di Imera nel 480 a.C., si alleò con questi ultimi; frequenti furono le contese territoriali soprattutto con la vicina Segesta. Le testimonianze più eloquenti della ricchezza, della potenza e della cultura dei selinuntini nei primi due secoli dell’esistenza della città sono offerte dalla razionale sistemazione dell’impianto urbanistico, dai numerosi edifici templari, dalle notevoli sculture in pietra, dalle ampie case riedificate in grandi blocchi nel V secolo, dai ricchi corredi delle necropoli. Durante l’ultimo ventennio del V secolo a.C. fu l’antagonismo con Segesta a provocare l’intervento in Sicilia prima di Atene e poi di Cartagine. Ma lo scontro con l’antica alleata fu fatale per Selinunte. Nel 409 a.C. i Cartaginesi conquistarono la città, distruggendone le mura, saccheggiandone gli edifici, massacrandone gli abitanti. Dopo la catastrofe iniziò la costruzione delle fortificazioni che cingono l’acropoli, successivamente potenziate da complessi apparati difensivi nel corso del IV secolo a.C. La nuova città, divenuta piazzaforte sotto il controllo ora di Siracusa ora di Cartagine, passò infine definitivamente sotto il dominio punico. Nel 250 a.C., durante la prima guerra punica, gli abitanti di Selinunte vennero trasferiti a Lilibeo (l’attuale Marsala), meglio difendibile davanti all’avanzare dei Romani. Rara e modesta fu, da quel momento, l’occupazione del sito.
Il Tempio E
I cospicui resti di tre templi, oggi denominati E, F e G, dominano il suggestivo panorama della collina orientale di Selinunte. Le strutture del Tempio E, rovinate al suolo come quelle degli edifici vicini, sono state parzialmente ricomposte e risollevate negli anni '50. Il tempio, costruito nel V secolo a.C. e dedicato alla dea Hera, è un edificio dorico, periptero, di proporzioni piuttosto allungate, con sei colonne sui lati brevi e quindici su quelli lunghi. Dotata di pronao e opistodomo, la cella, che è caratterizzata da una considerevole larghezza ed è libera da sostegni interni, comprende un ulteriore ambiente, l’adyton, destinato a ospitare la statua di culto.
Le fronti del pronao e dell’opistodomo erano decorate da metope, scolpite a bassorilievo e completate da inserti in marmo. Esse sono attualmente conservate presso il Museo Archeologico Regionale “A. Salinas” di Palermo.
Le ricerche condotte sul monumento dall’Università di Torino e dal CRAST sono iniziate negli anni '70 del secolo scorso con il rilevamento fotogrammetrico dei colonnati e il rilievo, secondo il metodo tradizionale, di tutte le strutture superstiti. È stato così possibile ricostruire graficamente la pianta e gli alzati dell’edificio templare, strumenti indispensabili per lo studio del monumento.
Numerosi saggi di scavo, all’interno e lungo il perimetro esterno del Tempio E, sono stati successivamente eseguiti con l’obiettivo di acquisire una più ampia conoscenza del progetto e delle modalità costruttive dell’edificio, della sua cronologia e del rapporto con l’area circostante. I sondaggi hanno consentito di puntualizzare la datazione dell’edificio nel decennio 460-450 a.C. Numerose informazioni sulle attività di cantiere, le tecniche di lavorazione degli elementi lapidei e le modalità della messa in opera dei blocchi sono state acquisite con l’esame delle opere di fondazione del tempio.
Risultato assai significativo delle indagini sul terreno è stato inoltre l’accertamento dell’esistenza di una serie di strutture più antiche, preesistenti l’edificio templare del V secolo a.C. e da questo obliterate o parzialmente riutilizzate. Si tratta di tagli nella roccia, resti di muri in blocchi ed elementi architettonici reimpiegati che sono in gran parte riferibili a un tempio di età arcaica andato distrutto a causa di un incendio. A questo edificio appartengono anche numerosissimi frammenti di un tetto in terracotta, notevole per la tecnica di realizzazione e per la vivace decorazione dei suoi componenti.